Secondo l'articolo di Roberta Mercuri su "La Verità" per non essere travolti dalla plastica, mangeremo buste di plastica". Il tono allarmistico con cui l'articolo sottolinea il volume di produzione di plastica nel mondo pari a 300 milioni di tonnellate, rappresenta il punto di vista distorto che da anni si tenta di innestare sul discorso intorno alla plastica.
Ma siamo sicuri che utilizzarla sia davvero un male?
Unionplast-Federazione Gomma Plastica, IPPR (Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo) e Gruppo Pro.Mo (Produttori Stoviglie Monouso in Plastica) basano la loro attività su un solo fondamento: i dati. Come già fatto in occasione del servizio di "Report", mandato in onda da Rai 3 lo scorso 24 ottobre, a cui hanno risposto con un live tweet (qui il riassunto degli interventi) le associazioni replicano all'articolo pubblicato da "La Verità" con informazioni scientifiche, proponendo inoltre un punto di vista alternativo, per mettere in luce i vantaggi prodotti da questi 300 milioni di tonnellate di plastica.
Sacchetti
L’Italia è stato il primo Paese in Europa a vietare gli shopper in polietilene, rischiando anche di essere multata per infrazione dalla Comunità Europea. Tuttavia, da una ricerca Ipsos è emerso che il 92% di chi va a fare la spesa non usa gli shopper in biopolimero distribuiti per legge nei supermercati. Preferisce affidarsi a materiali più resistenti come la plastica, riutilizzando sacchetti già presenti in casa. O alle borse di tela, resistenti sì, ma non così ecologiche come sembra. Infatti, già nel 2008 l'agenzia inglese UK Environment Agency ha pubblicato uno studio il cui risultato va in tutt'altra direzione. Secondo la ricerca per ridurre l'inquinamento del pianeta e le emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera, le borse migliori da usare sono quelle di plastica perché hanno un minore impatto ambientale. Per ammortizzare le risorse utilizzate per produrre una borsa di tela (si pensi, ad esempio, al solo consumo di acqua), bisognerebbe riutilizzare questi sacchetti 327 volte. Per un sacchetto in plastica, bastano 26 utilizzi. Inoltre, spesso si dimentica che i sacchetti di plastica sono riciclabili.
Riciclo
I dati del riciclo diffusi da Corepla parlano di 900.000 tonnellate di imballaggi in plastica raccolti attraverso la differenziazione dei rifiuti. Ciò che "La Verità" non dice è che oltre 15 milioni di tonnellate tra carta, vetro, plastica, legno e organico vengono trasformate in 10,6 milioni di tonnellate di “nuove” materie prime. Inoltre, secondo il Waste Strategy Report 2016 il riciclo aiuta in modo significativo la bilancia dei pagamenti italiana perché permette di evitare importazioni di materie prime per 6,5 miliardi di euro.
Costi Ambientali
Uno studio finanziato da Trucost, organizzazione data-driven, specializzata nell'analisi dei costi nascosti negli usi insostenibili di risorse naturali, dimostra che il costo ambientale derivante dall'uso della plastica per beni e imballaggi è circa quattro volte inferiore a quello di materiali alternativi. Se sostituissimo i packaging in plastica con elementi tradizionali come il vetro o l'alluminio, questo farebbe aumentare i costi ambientali da 139 miliardi a 533 miliardi. Queste cifre prendono in considerazioni sia i costi del marine litter sia i danni all'ecosistema oceanico, il trasporto e la produzione, nonché il costo delle materie prime e dell'energia necessarie per produrre manufatti in materiali alternativi alla plastica.
Spreco alimentare
Quando si parla di imballaggi in plastica, non si pensi solo al marine litter – argomento su cui l'industria plastica investe per risolvere il problema e per migliorare la sostenibilità dei propri prodotti. È necessario pensare anche al risparmio in termini di materie prime sottratte allo spreco alimentare. Infatti, il packaging alimentare in plastica sta diventando sempre più intelligente, permette una conservazione dei cibi migliore, che ne allunga la vita a scaffale.
"È un po’ sconsolante vedere come si parli di plastiche e di prodotti in plastica, ricalcando dei cliché, e cavalcando notizie e dati che avrebbero bisogno di considerazioni un po’ più approfondite", commenta Marco Omboni, presidente del Gruppo Pro.Mo. "Per una volta, però, non vorrei entrare nel merito delle accuse ai prodotti in plastica, ma contestare gli stessi principi di tale approccio negativo: un approccio che, se fosse giusto e venisse generalizzato, porterebbe a vietare…tutto!”
“Se vale il sillogismo “i prodotti in plastica sono molto diffusi – i prodotti in plastica presentano delle criticità – i prodotti in plastica vanno banditi”, allora proviamo ad applicarlo ai coltelli (diffusi, usati anche per uccidere, da bandire). Proviamo ad applicarlo alle auto (diffuse, provocano 80.000 morti all’anno per i soli incidenti stradali, da bandire). Proviamo ad applicarlo alla stessa umanità, che scopriremo essere diffusa e, con i suoi comportamenti, rappresenta la principale minaccia per l’esistenza stessa del pianeta. Quindi sarebbe da bandire, magari con qualche politica di controllo delle nascite “chinese style” o sostituendola con l'intelligenza artificiale. Certo, si tratta di un’estremizzazione, ma è ciò che accadrebbe usando le logiche che, chissà perché, valgono solo quando si parla di plastica. E se per una volta provassimo a lavorare senza demonizzazioni, per cogliere di una categoria di prodotti tutto il bene possibile, e limitarne gli inevitabili limiti?”
Continua Omboni: “E se invece ragionassimo in termini di costi comparati, e ci chiedessimo cosa costerebbe, anche in termini ambientali, sostituire oggi i prodotti plastici con prodotti in materiali alternativi? Non servono battaglie di principio, quasi ideologiche e assolutistiche. Serve usare il prodotto giusto nell’occasione giusta, e ce ne sono di occasioni giuste, anche per i prodotti monouso in plastica! Serve combattere lo spreco ed il cattivo uso, serve migliorare ed estendere i sistemi di raccolta dei rifiuti, serve fare ricerca per rendere più efficiente il riciclo: questo significa lavorare e crescere in una logica di economia circolare!"
"Troppo spesso ci lasciamo ingannare, ci lasciamo sedurre da novità che hanno sembianze “green”, ma che alla fine, approfondendo, assumono tonalità diverse", sottolinea Libero Cantarella, direttore di Unionplast. "Lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle con uno studio ingegneristico condotto per il Gruppo Pro.Mo. Con i metodi del Lyfe Cicle Assessment ha comparato le stoviglie monouso in plastica ad altri prodotti ed il risultato sorprendente è che la plastica è risultata più sostenibile dei materiali rinnovabili. Perché qualcuno ci credesse lo abbiamo fatto certificare, ma è difficile smontare certe convinzioni. Tutto ciò che è intrinsecamente rinnovabile appare verde, anzi verdissimo, eppure basta farsi poche domande per avere più di una certezza. A queste materie rinnovabili quanta acqua serve per esistere? Quanta terra viene sfruttata e quanta sottratta alle necessità della crescente popolazione mondiale? È la consapevolezza che può guidare i nostri prossimi passi".